Raccolta fondi per le spese legali della collega plurisanzionata
Nei mesi scorsi noi Cobas scuola di Bologna siamo intervenuti sulla vicenda dell’ITC “G. Salvemini” in cui una insegnante eletta RSU ha ricevuto ben tre sanzioni disciplinari in meno di 10 mesi, dopo venti anni di lavoro nelle scuole della provincia di Bologna senza avere mai ricevuto alcun tipo di richiamo o lamentela.
Il nostro intento era quello di denunciare una situazione a nostro avviso vessatoria e evidenziare un problema generale in atto da tempo nella scuola italiana: la crescente asimmetria nei rapporti di lavoro che trova espressione nell’utilizzo ordinario e ricorrente della sanzione disciplinare.
Di fronte al procedimento disciplinare il dipendente si trova in una oggettiva condizione di impotenza, poiché la fase istruttoria e la valutazione delle motivazioni addotte a propria difesa sono oggetto di interpretazione dello stesso dirigente che potrà comminare la sanzione, senza alcun elemento arbitrale terzo. Contro la sanzione si può ricorrere, a proprie spese, solo davanti al giudice del lavoro. Solo in questo caso il Dirigente si troverà veramente a rendere conto del proprio operato.
Ciò avviene raramente e i dirigenti lo sanno bene. Per il dipendente i costi di un ricorso al giudice del lavoro sono ingenti (alcune migliaia di euro). Tutt’altro per il Dirigente assistito dall’avvocatura di stato. I costi scoraggiano la vittima, soprattutto nel caso di sanzioni di lieve entità come il richiamo verbale o la censura, i dirigenti lo sanno e pensano di avere mano libera.
Oggi è necessario farsi promotori di una revisione delle regole che governano il procedimento disciplinare nella scuola al fine di assicurare pari dignità e diritti alle parti.
Nello specifico abbiamo deciso di sollevare il problema attraverso una situazione emblematica perché sappiamo che questo non è un caso isolato, che sempre più spesso la gestione dirigenziale ( magari con l’ausilio di qualche solerte quadro intermedio) non aiuta a creare un clima di fiducia, rispetto e collaborazione. Stare male a scuola per motivi connessi alla relazione con il superiore gerarchico, purtroppo, è un’esperienza abbastanza diffusa, accompagnata spesso dal senso di isolamento, dal silenzio, dal disagio e dall’impotenza. Per questo è altrettanto urgente sostenere concretamente questa nostra collega.
Perché dunque un CROWDFUNDING per sostenere la vertenza legale dell’ITC “G. Salvemini”?
Per uscire dalla dimensione individuale e riscoprire la forza della solidarietà tra colleghi; per affermare che la scuola pubblica non è un’azienda e non può abdicare alla dimensione collettiva e comunitaria; per denunciare che oggi è inaccettabile la disparità di potere che emerge nelle procedure sanzionatorie; perché ogni contributo, anche piccolo, contribuisce a costruire una risposta collettiva.
Il Dirigente non è solo, per lui paga lo Stato. Questa volta neanche la nostra collega. Facciamo colletta. Un esperimento in controtendenza? Sì. Proviamo a verificarlo sul campo.
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