Il governo Draghi al banco di prova della scuola
Il governo Draghi gode di un ampissimo consenso parlamentare, dovuto sia al carisma personale del premier e all’investitura di Mattarella sia al trasformismo politico dei vari partiti, la cui reale motivazione è la gestione dell’enorme flusso di capitali provenienti dall’Unione Europea.
In ogni caso, la politica economica non sarà quella del governo Monti, caratterizzata da lacrime e sangue, austerità e neo liberismo perché è cambiata radicalmente sia la politica monetaria della BCE che la politica di bilancio dell’Unione Europea. Almeno fino alla completa fuoriuscita dall’emergenza economico – sanitaria, tale politica sarà caratterizzata da spesa pubblica in deficit per rilanciare domanda, produzione e occupazione e da massicce immissioni di liquidità per rendere sostenibile il debito.
Il conflitto politico sarà sulla destinazione di queste risorse. In questo quadro sanità, scuola e trasporti hanno un ruolo centrale: durante la pandemia sono tragicamente emerse precarietà, inefficienze e disorganizzazione, conseguenze del progressivo smantellamento dello stato sociale e delle privatizzazioni. Occorre invertire la rotta, ma non per tornare al quadro pre-pandemico, ma ai diritti sociali previsti dalla Costituzione e mai completamente realizzato, anzi messi in crisi dalle modifiche costituzionali, dal pareggio di bilancio e dal principio di sussidiarietà. Nella scuola é il momento di un bilancio delle trasformazioni avviate negli ultimi due decenni, fin dall’introduzione dell’autonomia scolastica e la mutazione dei presidi in dirigenti, del ricorso ai test standardizzati dell’Invalsi, della involuzione degli studenti e dei genitori in utenti-clienti. Valuteremo se il nuovo ministro Bianchi invertirà il processo di aziendalizzazione, restituendo alla scuola il suo compito istituzionale di istruzione e formazione della persona nella sua complessità o se persisterà nella metamorfosi regressiva che ha ridotto la scuola ad ente di formazione del capitale umano. Però, anche se, come abbiamo sempre sostenuto e come sembra riconoscere ora Draghi, la DAD non è vera scuola ed ha aumentato le disuguaglianze, i docenti hanno sempre lavorato durante i periodi di sospensione della scuola in presenza, per cui non possono essere costretti ad uno straordinario gratuito e obbligatorio a giugno. Per il recupero delle carenze determinate dalla DAD lo strumento c’è già: sono i corsi di recupero, che vanno però rifinanziati, estesi al primo ciclo e – come è accaduto finora- retribuiti e svolti dai docenti disponibili o affidati a personale esterno.
I COBAS hanno difeso strenuamente, e in splendida solitudine tra i sindacati, operando anche nella coalizione di Priorità alla Scuola, la riapertura totale della scuola, in parte ora raggiunta e che va mantenuta. A tal fine i soldi del Recovery Plan vanno usati per rilanciare la scuola pubblica e invertire la rotta: e tre sono i punti decisivi.
1) In questi giorni si sta avviando il percorso che porterà alla formazione delle classi e dell’organico. Ci ritroveremo di nuovo a dividere per 27 gli iscritti delle classi prime e terze alle superiori, con punte che possono arrivare fino a 32 alunni per classi e oltre. Tali numeri sono assolutamente inefficaci per la didattica e per garantire la sicurezza. Per cui chiediamo una riduzione a 20 del numero massimo di alunni per classe e a 15 in presenza di alunni diversamente abili.
2) Con gli attuali criteri di formazione delle classi avremo l’anno prossimo circa 230 mila cattedre vacanti per i pensionamenti e l’attuale tasso di precarizzazione del lavoro, tra i più alti in Europa. E’ indispensabile, per la continuità didattica e la sicurezza, assumere con concorsi per soli titoli tutti i docenti con 36 mesi di servizio e gli Ata con 24 mesi, in linea con le sentenze della Corte di Giustizia europea.
3) Molti edifici scolastici sono fatiscenti e/o non in linea con la normativa vigente per la sicurezza. Non sono quindi ulteriormente procrastinabili massicci interventi in un’edilizia scolastica che coniughi la riduzione di impatto ambientale con la garanzia di spazi idonei ad una scuola in presenza e in sicurezza. Infine, va garantita da subito la scuola in presenza almeno al 50% per tutti/e, il rinnovo del contratto di lavoro scaduto da più di 2 anni, il ritiro del recente accordo che limita ulteriormente il diritto di sciopero. Insieme ad altri soggetti, stiamo valutando le forme della mobilitazione su questi obiettivi, incluso anche lo sciopero.
Esecutivo nazionale COBAS – Comitati di base della scuola
Roma, 24 febbraio 2021
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